In verità ho sempre invidiato chi ha la possibilità di lavorare ovunque, e me lo sono sempre immaginato comodamente seduto a un tavolino di un bar, l’immancabile tazza del caffè proprio accanto al pc portatile, pronto a godersi la freschezza di una giornata primaverile mentre il mondo gli passa accanto. Incurante del sole che si riflette sul monitor, inconsapevole dei rumori e degli schiamazzi della gente, risoluto nel suo picchiettare sulla tastiera come fosse guidato da un’ispirazione divina.
La verità è distante anni luce e lo abbiamo sperimentato sulla nostra pelle in questi due lunghi mesi di smart working.
Rientrare in ufficio è stato come essere catapultati indietro dal futuro con la consapevolezza che il passato non è poi così male.
Anche il tragitto in auto da casa è risultato persino “piacevole”: con la radio in sottofondo, il movimento, e il susseguirsi del paesaggio, strideva con la staticità delle settimane precedenti. E poi camminare…
E’ vero: la scrivania è pur sempre un tavolo, tra una sedia e una poltrona non c’è molta differenza , il monitor, un quaderno per gli appunti… ma l’ufficio non è solo formato da oggetti.
La presenza dei colleghi, il confronto e il conforto che posso dare in ogni momento, la condivisione di successi e difficoltà lavorative, la possibilità di crescita professionale per “osmosi”, i momenti goliardici… se non rientriamo in ufficio tutte queste cose andranno perdute per sempre “come lacrime nella pioggia”.
L’altro giorno ero solo in ufficio e ho riflettuto sui valori di Zelando e su quanto sia importante ritrovarsi al più presto in un luogo fisico convenzionale per proseguire insieme quest’avventura evitando che le nostre giornate lavorative si adeguino ad un ritmo monocorde, senza un inizio e senza una fine.
Ho sempre invidiato chi ha la possibilità di lavorare ovunque e in futuro lo sperimenteremo con più frequenza ma con la consapevolezza e la gratitudine per quello che abbiamo sempre a portata di mano.
Lorenzo